sabato 27 febbraio 2016

Di come Amee ce l'ha fatta, più o meno. (Parte prima)

Sapete, la vita può essere un vero inferno.

Io non ho mai avuto una vita facile, per così dire. Fin da quando mi ricordo, ho sempre avuto veramente tanti problemi. 

A sei anni, sognavo di perdere mia madre. Lei camminava e io la chiamavo fino a stare male e correvo sempre più forte ma non riuscivo mai a raggiungerla. Era un sogno davvero brutto ma la realtà faceva ancora più schifo. 

Avevo otto anni quando ci siamo trasferiti in Italia e io ho dovuto abbandonare tutto per una realtà di cui non sapevo nulla. Ho sofferto questo cambiamento per anni. Ma andiamo per gradi. Da sempre, mi sono sentita fuori luogo. In ogni occasione, da qualsiasi parte. Stavo bene solo quando leggevo. 

Mi ricordo di quando mia madre mi trovava a leggere Harry Potter alle quattro del mattino. Mi ricordo le lunghe camminate sotto al sole (abitavamo molto fuori paese e per tornare dalla biblioteca, dovevo farmela a piedi) con La Camera dei Segreti stretto al petto. Mi ricordo le lunghe chiacchierate con i miei libri.
Sì, perché con loro io ci parlavo. Tanto e spesso e sentivo che riuscivano ad ascoltarmi e a capirmi meglio degli esseri umani.

Non sono mai stata capita molto dalle persone. La maggior parte mi prendeva in giro, alcuni mi guardavano con pietà e solo pochi (e molti anni dopo) hanno cercato di capire chi ero, sotto a tutta la follia.
Mi ricordo di quando mi sono accorta la prima volta che la mia famiglia aveva qualcosa di profondamente sbagliato.
Di quando ho capito che non avrei mai potuto vivere una vita così malsana. Quando un bambino comprende certe cose, smette di credere nella bellezza della vita. 

In tutto questo, ero sola. Completamente. 

Non avevo amici, né qualcuno pronto ad ascoltarmi. Non potevo contare sulla mia famiglia e la mia unica via di fuga era il mio mondo. Un mondo fatto di famiglie felici, amici, un grande amore. Tanti libri e divertimento.

Avevo i miei amici immaginari, presi da cartoni, libri e altre cose del genere. E ci stavo bene. Quando le cose diventavano troppo tutto, mi bastava rinchiudermi nel mio mondo e non pensarci più.

Non so perché sto raccontando tutte queste cose (in un modo piuttosto caotico) so solo che sento il bisogno di condividerne un po' con voi, per farvi riflettere su ciò che hanno dentro le persone. Sui problemi che potrebbero stare passando o su quelli che hanno dovuto affrontare. 

Siamo tutti pieni di maschere. Siamo tutti fatti di sorrisi tristi e lacrime versate in solitudine.
Abbiate cura di chi vi sta vicino, abbiate cura di chi amate.

Perché siamo tutti fragili, possiamo romperci con un non nulla e avere anche l'accortezza di non darlo a vedere.

Siate gentili, siate umani.

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